Month: July 2022

Una recensione

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Quando si sta scrivendo un disco spesso non si sa che si sta scrivendo un disco.

A volte si stanno solo scrivendo cose, senza un ordine, un fine/scopo, puro piacere, ispirazione improvvisa, idee prese col retino per farfalle, melodie respirate dal vento, e via dicendo.

Spesso un pezzo arriva incidentalmente, una melodia rimasticata tra i denti, parlottando, infilando sillabe, vocali, suoni, ba ba du bai, cose così.

Ma si scrive intanto perché se ne ha voglia, perché si ha un fuocherello che fa scintille e schioppettii da qualche parte nella testa, si scrive perché a volte lo si sente come una missione da portare avanti, un messaggio, un’idea, perché no anche una visione.

E a volte capita che quando si sta scrivendo un disco si sa esattamente che si sta scrivendo un disco, e che disco si stia scrivendo. Perché capita anche questo, di avere una precisa idea di quello che si vuol fare, da cima a fondo, e bene o male o malissimo o così così quell’idea diventa un qualcosa.

Ma in tutti questi casi, direi nessuno escluso, c’è sempre una motivazione, una voglia, un movimento che da dentro fa portare fuori un qualcosa che prima non c’era, uno strumentale, una melodia, un canto, un inno generazionale, una suite da 40 minuti e 21 secondi.

Qualcosa che prima non c’era.

Come ben sapete il 6/4/2022 ho fatto uscire 6/4 of love.

Un disco che prima non c’era. Un disco tutto (o quasi) scritto in 6/4. Un disco che al momento non ha raccolto quanto si sperava in termini di attenzione da parte della critica, ma il tempo è tiroide e siamo pur sempre larghi con il conteggio, ci vorrà una volta e mezzo rispetto a quanto previsto se la tabella di marcia inizia a muoversi anch’essa in 6/4.

Detto ciò.

Riemergo in questo blog dopo un po’ di tempo in cui non avevo da scrivere nulla di così importante perché l’estate è calda e le notti sono praticamente insonni, e perché recentemente è uscita una recensione molto sentita da parte di una piccola webzine che mi ha fatto molto piacere e che mi ha fatto ripensare invece ad un’altra recensione uscita poco meno di un mese fa che invece no.

Non ti ha fatto piacere perché è una stroncatura?

No, perché non la è.

Non ti ha fatto piacere perché l’argomento è trattato in modo superficiale e tirato via come se fosse un compitino da eseguire e consegnare per prendere il 6 politico?

No, perché in realtà c’è un lavoro certosino dietro.

Non ti ha fatto piacere perché il centro focale del disco non è stato preso in considerazione mentre sono state messe in evidenza cose di secondaria importanza?

Neanche questo alla fin fine.

Mi scuso per questo lungo preambolo così fuori dalla logica attuale di lettura/scrittura web dove alla gente le cose gliele devi dire tutte subito e poi semmai spiegarle un po’ per volta se uno/a è interessato/a agli spiegoni, ma la verità è che non vorrei più dilungarmi e lasciare che parli la grafica qui sotto.

Grafica dove nel mezzo c’è la recensione in questione, a sinistra una recensione ad un altro mio disco (Save me) di ormai più di un anno fa (vorrei sottolineare questo passaggio, è la recensione ad un altro disco totalmente diverso da 6/4 of love) e a destra una recensione di 6/4 of love uscita verso maggio.

(consiglio caldamente di aprire l’immagine mastodontica sui vostri computerini, che sui telefoni davvero non so cosa si possa capire, appena pubblico lo vedrò)

Tra l’altro non saprei da dove iniziare a descrivere un lavoro di patchwork che è già meraviglioso di per sé, infatti non mi dilungo oltre e vi lascio seguire linee e colori e incroci e intrecci come meglio vi pare.

La recensione in oggetto è apparsa su quella che forse è la più influente webzine/azienda di comunicazione in Italia per quanto concerne la musica, 12 anni fa suonai pure al loro festival ma erano comunque altri tempi, altra gestione, altre persone, non c’è più nulla.

Non so nemmeno come chiudere questa cosa, succede anche che uno inizi a scrivere sapendo esattamente cosa voglia scrivere ma che alla fine non si riesca a tirare le fila e a dare una chiusa catartica/moralistica e si rimanga così con il disincanto e a pensare “ma quando scrivo mi sento più androide malinconico o maliconico crononauta?”

A presto.